Il re della pasticceria napoletana: o’ babbà
Parlare di lui è parlare di Napoli. Da solo, col suo nome, racconta la tradizione culinaria partenopea, fatta di gusto, di sapori, di tradizione, di allegria. È sua maestà il Babà – o’ babbà – che oggi è considerato il dolce tipico di Napoli, conosciuto in tutto il mondo la sua regale forma e il sapore intenso sono solo un indizio della sua nobile origine, che pare rinviare a Stanislao Leszazinski, re di Polonia dal 1704 al 1735, che, quando divenne Duca di Lorena, chiedeva ai propri pasticcieri che gli preparassero sempre dolci nuovi.
Questi erano soliti preparargli il “kugelhupf, un dolce tipico fatto con farina finissima, burro, zucchero, uova e uva sultanina, unito al lievito di birra, che dava una consistenza soffice spugnosa alla pasta. Una sera e per caso fece cadere questo dolce nel rhum, un’acquavite derivata dalla canna da zucchero, importata dalle Antille. Ad un tratto il dolce assunse un rassicurante colore ambra e un profumo inebriante iniziò a diffondersi tutt’intorno. Stanislao l’assaggiò e ne rimase estasiato. Il dolce fu chiamato dallo stesso “Babà”, in onore di Alì babà, protagonista del celebre racconto tratto da “Mille e una Notte” e diffuso presto tra le famiglie nobili del napoletano.
È la sua classica forma di “fungo” ed il colore ambrato ad attirare l’attenzione che risalta tra i banchi della pasticceria a raccontare la sua storia e la sua curiosità che esprime il suo massimo piacere sin dal primo morso.
La tecnica di impasto ed i tempi di lievitazione rappresentano due grandi segreti di questo rinomato dolce. È lasciato lievitare a lungo in uno stampo a tronco di cono allungato, quindi cotto in forno ben caldo. Terminata la cottura viene estratto, e lo si fa “asciugare” per almeno un giorno affinché perda la maggior parte dell’umidità. Successivamente è posto parzialmente immerso in ampi contenitori pieni di liquido caldo a scelta: sciroppo di zucchero, rum, o altri liquori come il limoncello. Alcune pasticcerie ne ricoprono la superficie con una glassa all’albicocca, che lo rende più lucido e attraente.
Una variante del babà è il cosiddetto “savarin”, che pur conservando gli stessi ingredienti di base del babà prevede l’introduzione di un po’ di latte nell’impasto: il risultato è una pasta più chiara e spugnosa, dal sapore meno acidulo, che si presta ancor meglio alla produzione di grosse “torte babà” da guarnire con panna, frutta e gelatina. Il babà, tipico dolce partenopeo, è ormai presente in tutte le pasticcerie d’Italia.